Se di fronte alla parola “perculi” spontaneamente appoggi l’accento
sulla “u” e, senza pensarci due volte, senti nel termine tutto l’intento
canzonatorio, ironico e irridente, cioè la “presa per il culo” fattasi
verbo sintetico e coniugabile (“perculare”), vuol dire che vivi appieno
nel presente del lessico spiccio e malleabile, quello che non pone quasi
più confine tra gergalità e uso comune. Se, invece, ti viene da
spostare l’accento sulla “e” (pérculi), significa – ahi te – che ti sono
rimaste impigliate, in qualche neurone, le antiche nozioni del latino
ginnasiale e la declinazione del verbo “percèllo” (percello, is, percŭli, perculsum, ĕre), verbo transitivo equivalente a: abbattere,
colpire, sconfiggere, spaventare, sbigottire. Perculare, perculeggiare,
perculeggiamento, perculato, invece, sono tutte varianti possibili del
“prendere per il culo” modificato geneticamente, sintetizzato nel
presente. Una sintesi che ha, forse, una derivazione anglossassone, là
dove nome e verbo molte volte coincidono.
Percolato,
ecco una parola tecnica che è diventata, quasi, d’uso comune. Esiste un
“percolato” del lessico, negli usi linguistici correnti? Una spazzatura
che cola, che perde, un’infiltrazione che genera gerghi? Qui non si persegue la purezza della lingua ma la sua “biodiversità”.
La sintesi del “perculare” si porta dietro contesti d’uso precisi e chi
usa perculare in certi contesti sarà pure disposto, comunque, a usare
“prendere in giro”, “sbeffeggiare”, “irridere”, “canzonare”, “sfottere”,
“prendere per i fondelli, per il culo, per il bavero” in altri. Il
problema nasce, dal nostro punto di vista, quando la parola “nuova” azzera e sostituisce tutte le parole “vecchie” per esprimere la stessa cosa.
Questa rubrica è stata spesso tacciata
di “passatismo”; proprio noi che, riposta la parrucca vittoriana
nell’armadietto, a fine giornata, non ci stanchiamo di professare una
teoria del significato totalmente vincolata ai giochi linguistici! L’uso come grande regolatore del significato. E pazienza…ognuno può perculare
come vuole il prossimo suo. Oppure se stesso, involontariamente,
ogniqualvolta trascuri la bellezza iridescente della nostra lingua, la libertà preziosa di poter scegliere nella ricchezza semantica
d’ogni singola sfumatura. Le forme di resistenza possibile sono ancora
di tipo lessicale, i filtri drenanti coi quali ognuno può fermare il percolato di parole del presente.
Fonte:
Lapis #24 (sulle nuove forme sintetiche del canzonare!
Lapis #24 (sulle nuove forme sintetiche del canzonare!
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